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“Caz…zo, Reverendo!”. Una delle frasi più celebri di Benedetto XIV, il papa sboccato.
Lasciandosi andare alla parlata della sua città natale, anche in occasioni ufficiali al Santo Padre spesso sfuggiva un certo intercalare.
Rimproverato da più parti di essere sboccato, Benedetto XIV (al secolo il bolognese Prospero Lambertini) chiese al suo segretario personale Monsignor Boccapaduli di tirargli la tonaca ogni volta che gli fosse sfuggita quella parola.
Una mattina che i camerieri gli riferirono di un brutto incendio nel rione Monti, il Pontefice esclamò: “C…zo! Ci sono morti?“, venendo strattonato dal segretario cui rispose sottovoce in bolognese: “Avi rason…“.
Continuando però il racconto, al Papa sfuggirono tanti “c..zo” che il Boccapaduli, a furia di strattoni, gli strappò la tonaca, scatenando la reazione del Sant’uomo che gli urlò: “Ca…zo Boccapaduli, hai proprio rotto! La voglio santificare questa parola, dando l’indulgenza plenaria a chi la pronunci almeno dieci volte al giorno!“
A partire da quel dì, nessuno ebbe più nulla da ridire sulla schiettezza del suo parlare.
Celebre una sua esclamazione quando, sul finire di un conclave durato sei mesi, il Cardinal Lambertini disse ai suoi confratelli: “Volete un santo? Eleggete Gotti. Un politico? Aldovrandi. Un somaro? Eleggete me!”
Così, il 17 agosto del 1740, forse perché colpiti da simili argomentazioni, i Cardinali elettori scelsero proprio lui, il “somaro” che, all’epoca sessantacinquenne, fu eletto come 247° successore di Pietro col nome di Benedetto XIV.
La sua era stata la vocazione precoce di un giovane che si distingueva per virtù quali impegno e applicazione che gli avevano precocemente consentito di diventare un ottimo avvocato concistoriale.
Così, la sua scalata del pur difficile “cursus honorum” ecclesiastico fu rapida ed inarrestabile.
Nominato in un primo tempo Vescovo di Ancona, fu poi trasferito nella sua Bologna, di cui divenne Arcivescovo nel 1728.
Il novello Arcivescovo promosse le arti e la scienza, prendendo sotto la sua protezione in particolare la nota fisica Laura Bassi, una delle prima laureate al mondo, che solo grazie a lui poté insegnare all’Università di Bologna.
Bonarietà e modestia ne fecero una sorta di “Roncalli del Settecento” con l’aggiunta di una propensione all’ironia che talvolta sconfinava nel sarcasmo.
Sempre con la battuta pronta, a un alto prelato che, sconvolto, lo svegliò a notte fonda per riferirgli di una certa suora rimasta incinta, rispose indispettito:
– “Monsignore, c…zo! Da come la facevate pesante, pensavo fosse incinta un frate! Non ne possiamo parlare domani? Ora lasciate dormire questo povero vecchio“.
Conciliante e mediatore per indole, ebbe sempre ben chiara la distinzione fra sovranità spirituale e temporale.
Nel primo campo fu religiosissimo, ma mai bigotto.
Inculcò nei vescovi il dovere di residenza, della formazione del clero e delle visite pastorali.
Visite che lui stesso attuò senza risparmiarsi, girando in lungo e in largo le diocesi che gli erano state affidate, ma anche improvvisando visite in incognito a questa o quella parrocchia romana mescolato ai semplici fedeli.
In occasione del Giubileo del 1750 ordinò importanti lavori di consolidamento del Colosseo e fece illuminare per la prima volta la cupola e la piazza di San Pietro.
Inoltre portò a termine i lavori della Fontana di Trevi, che ancora oggi sul suo frontone ricorda il suo nome.
All’illuminista Voltaire, che gli aveva provocatoriamente dedicato la sua tragedia “Mahomet”, scritta con l’intento di denunciare il fanatismo e l’intolleranza di tutte le religioni, rispose con uno scritto tanto arguto e spiritoso da indurre il filosofo francese, mai tenero con la Chiesa Cattolica, ad inviargli una famosa lettera aperta che si concludeva col proposito di “baciargli con somma riverenza e gratitudine i sacri piedi”.
Quando morì il 3 maggio del 1758, all’età di 83 anni, fu universalmente compianto nella consapevolezza che con lui se ne andava un ottimo Pontefice.
Il grande Gino Cervi, suo concittadino, nel 1954 lo impersonò in un bel film in cui però, a causa della censura del tempo, dei tanti “caz…zo” esclamati dal Papa non compare traccia.
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