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Se il Portogallo esiste come nazione è perché qualcuno ha dato il via alla sua storia.
Ogni cosa inizia da un suo punto di partenza e la storia del Portogallo, inteso come lo conosciamo oggi, senza ombra di dubbio passa per la storia del suo primo re.
Un nome che le persone che abbiamo accompagnato in questi anni quasi se lo saranno tatuato, tante le volte che lo abbiamo pronunciato: D. Afonso Henriques.
La sua storia è impossibile da riassumere. Centinaia di pagine non basterebbero, ma ne bastano molte meno se invece si parte dal punto finale, descrivendo il luogo da lui scelto per riposare in eterno: il Monastero di Santa Cruz a Coimbra.
Molte persone vengono a visitare questo Paese ma in poche arrivano faccia a faccia con la tomba di colui che ha dato inizio a secoli di storia, fatti di crociate, battaglie per l’indipendenza, castelli da (ri)conquistare e scoperte marittime.
Che grave errore perdersi questo monastero divenuto Pantheon nazionale nel 2003.
Sia D. Afonso Henriques quanto suo figlio, D. Sancho I, vi sono sepolti dentro. Padre e figlio. Primo e secondo re di Portogallo.
D. Afonso decise di sostenere la creazione di questo monastero, risalente all’anno 1131, in quanto qui veniva a riposarsi dalle fatiche delle campagne militari, osservando la regola dell’Ordine di Sant’Agostino.
Definiva questo posto: “Un luogo di pace e tranquillità”.
Parole che pare siano state scritte anche al momento della sua morte, quando scelse di farsi seppellire proprio al suo interno.
Il principale promotore di questa fondazione è stato l’arcidiacono Don Tello, della Cattedrale di Coimbra, insieme ad altri suoi undici compagni tra i quali spiccava San Teotonio, primo santo portoghese.
Già all’epoca di D. Afonso Henriques vivevano all’interno del monastero 72 religiosi che si contraddistinsero per l’importante ruolo rivestito a livello intellettuale.
Il Monastero di Santa Cruz è stato infatti una delle principali scuole portoghesi durante il medioevo.
Celebri erano la sua vastissima biblioteca, oggi conservata nella Biblioteca Municipale di Porto, e lo scriptorium, luogo di produzione letteraria, divenuto strumento per consolidare l’allora potere reale.
Il più famoso studente di questa scuola fu Fernando Martins de Bulhões, passato alla storia come Sant’Antonio da Padova, il quale proprio qui vide arrivare i corpi di cinque frati francescani martirizzati in Marocco, decidendo di divenire lui stesso un missionario.
A dare il via ai lavori fu il Maestro Roberto, architetto di origini francesi già autore dei lavori della Cattedrale di Lisbona e della Cattedrale Vecchia di Coimbra.
Un uomo che in 50 anni realizza tre delle strutture più importanti della storia del Portogallo.
Roberto realizza la struttura in stile chiesa-fortezza, come dimostra la presenza della sua torre difensiva. Non bisogna dimenticare che questi territori si trovavano in prossimità dell’antica frontiera con il mondo islamico.
La costruzione originaria sarà poi profondamente modificata durante il regno di D. Manuel I (1495-1521).
La chiesa possiede una navata unica e varie cappelle laterali.
La volta è in stile manuelino con ricchi fioroni in corrispondenza delle intersezioni delle nervature che rappresentano i tre simboli identificativi di questo stile artistico: la croce dell’Ordine di Cristo, lo scudo della bandiera portoghese e la sfera armillare.
Spicca il monumentale organo in stile barocco, risalente al XVIII secolo, realizzato dallo spagnolo Manuel Brito Gomez Herrera tra il 1719 e il 1724.
Ancora funzionante, è possibile ascoltarne il suono una volta al mese.
La prima domenica di ogni mese, infatti, viene organizzato un concerto di un’ora che consente di ascoltarne, gratuitamente, le melodie.
In fondo alla navata, dietro l’altare principale, troviamo i monumenti sepolcrali dei primi due re del Portogallo.
In precedenza conservati in sepolture più modeste, i re vengono traslati nel XVI secolo dal re D. Manuel I, il quale considerava indegne le tombe originarie di chi aveva segnato l’inizio delle sorti del regno.
Sono costituiti da alte nicchie che ospitano le casse funerarie e sulle quali sorgono le statue giacenti dei sovrani, realizzate con pietra di Ançã. La stessa con cui vengono realizzati la Torre di Belém e il Monastero di San Geronimo, a Lisbona, per capirci.
Il progetto dei sepolcri è attribuito a Diogo de Castilho mentre le statue giacenti sono opera di Nicolas de Chantereine.
Pagando 4€ di biglietto, è possibile visitare anche gli altri spazi interni del monastero.
Tra questi spiccano la sagrestìa, sulle cui pareti, oltre al grande crocifisso raffigurante Cristo morente, si possono ammirare quadri di pittori famosi.
Un cenno particolare meritano i due quadri di Cristovâo de Figueiredo (Ecce Homo e Calvario) e la Deposizione dalla Croce del pittore settecentesco André Gonçalves.
Ci sono inoltre vari dipinti di pittori noti come “primitivi portoghesi”, XVI secolo, attribuiti alla scuola di Lisbona.
Il Chiostro del Silenzio è una preziosa opera del maestro Marcos Pires, realizzato tra il 1517 e il 1521, su richiesta del re D. Manuel I, per sostituire l’originale chiostro romanico.
Al centro sorge la fontana del 1638 sormontata dall’angelo del Portogallo, al cui culto, risalente a tempi immemorabili, era associata una festa liturgica che era stata introdotta da Papa Leone X nel 1504.
Numerose sono le cappelle con bei portali, volte gotiche e antichi azulejos.
Il Coro Alto di Santa Cruz possiede magnifici stalli in stile manuelino.
L’epoca marittima portoghese emerge dai simboli qui presenti così come dai magnifici bassorilievi che rappresentano gli episodi maggiormente degni di nota dell’epoca delle scoperte.
Uscendo dal monastero, pochi metri più avanti, salendo verso la Praça da República di Coimbra, troviamo un piazzale che un tempo era sempre parte del monastero: il Jardim da Manga (giardino della manica).
Oggi conosciuto grazie all’omonimo ristorante, un tempo era uno dei chiostri del monastero andati oggi perduti.
Il giardino ha al suo centro un tempietto, circondato da quattro cappelle.
La tradizione narra che il giardino si chiama della “manica”, in quanto disegnato dal re D. João III sulla manica del suo abito, durante una delle sue visite al monastero.
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